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La stagione è ancora il limite del turismo in Italia

In Italia non è facile misurare il fenomeno turistico. I dati ufficiali mostrano che il divario con il 2019 non è colmato e che non si è arrivati a una migliore distribuzione dei flussi nel corso dell’anno. Il ruolo delle piattaforme di prenotazione.

Un settore in salute?

Può sembrare un paradosso, ma in Italia non è facile misurare il fenomeno turistico, e quindi neppure affermare se in questo settore, fondamentale per la nostra economia, le cose vadano bene o male.

Tutto ciò vale a maggior ragione in una fase in cui il turismo tende sempre più a diversificarsi al suo interno, non solo e non tanto per geografie (regioni, destinazioni) o per tipologie (culturale, balneare, montano, o altro), quanto soprattutto:

  • per luoghi e punti di interesse, che possono soffrire di una eccessiva frequentazione (nel qual caso si parla overtourism) o per converso di scarsità di domanda, magari dovuta a fattori esterni, come la carenza di precipitazioni nevose in Appennino per quasi tutto l’inverno, attribuite al cambiamento climatico;
  • tra segmenti, nel momento in cui si manifesta una forte spinta verso l’alto della domanda “affluente”, soprattutto internazionale, che motiva e accresce un segmento “luxury” sia nella ricettività, che nella ristorazione. In altre situazioni è invece evidente una rincorsa verso il basso della qualità dell’offerta e dei prezzi, magari motivata da un malinteso senso di competitività internazionale;
  • tra le stesse imprese, per altri versi simili tra loro, che per motivi di efficienza gestionale o di efficacia del marketing, mostrano andamenti divergenti.

I dati ufficiali Eurostat

Per tracciare un andamento congiunturale che consentisse valutazioni accettabili, storicamente, ci si è rifatti al numero degli arrivi (turisti) e delle presenze (notti trascorse). Questa misurazione fisica “per capita” è però molto lenta nel produrre risultati e largamente insufficiente a descrivere il valore economico dei fenomeni.

Alla ricerca di fonti autorevoli e consolidate non resta che affidarsi a Eurostat, che quantomeno utilizza gli stessi criteri da anni e per un consistente numero di paesi.

Tra i paesi che mostrano risultati più consistenti e che spesso vengono considerati come nostri concorrenti, ci sono Spagna, Francia e Grecia, che insieme a noi spiegano il 52 per cento della domanda turistica che si rivolge all’Unione europea.

Tabella 1

Il confronto tra i dati del 2019 e quelli del 2023 mostra risultati non omogenei: la Spagna cresce del 3,1 per cento, la Grecia del 2,3 per cento e la Francia dell’1,6 per cento, mentre la media europea mostra un incremento dell’1,3 per cento. L’Italia, invece, ne esce penalizzata, con una “perdita” dell’1,4 per cento.

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Non è certo estranea al calo la domanda interna: secondo l’indagine Istat nel 2023 gli italiani hanno fatto il 27 per cento in meno di pernottamenti per vacanza rispetto al 2019, e questo è certamente un portato della scarsa dinamica dell’economia nazionale, a partire dall’aspetto salariale.

Ma c’è purtroppo un ulteriore elemento negativo. Uno dei problemi da sempre riconosciuto come strutturale nel nostro paese è l’eccesso di stagionalità. Si poteva auspicare che l’era del Covid avrebbe portato un miglioramento in tale senso grazie a un cambiamento nelle abitudini di consumo, ma questo non sembra essere avvenuto. Nella media europea, infatti, la concentrazione delle presenze turistiche nel mese di agosto sul totale annuo tra il 2019 e il 2023 è calata dal 16,7 al 16,5 per cento, e negli altri paesi ancor più tangibilmente; in Italia invece è cresciuta da 19,4 per cento a 19,7 per cento.

La sperimentazione Eurostat sulle piattaforme digitali

Un’altra fonte, sempre Eurostat, ma sperimentale, tiene conto dell’evoluzione dei canali di offerta e raccoglie le presenze (notti trascorse) negli esercizi ricettivi soprattutto non convenzionali (come i B&B e le case private date in affitto turistico), prenotate attraverso le quattro principali piattaforme operative: Airbnb, Booking.com, Expedia group e Tripadvisor: per il 2023 ha registrato ben 678 milioni di presenze per soggiorni di breve durata, con un valore totale che si attesta a circa il 23 per cento di quello della ricettività convenzionale (ci sono peraltro da considerare tutte le possibili forme di duplicazione, che pur non inficiano il ragionamento).

In questo caso l’indice di concentrazione stagionale 2023 si ferma al 14 per cento rispetto alle presenze “ufficiali” già misurate, per cui il valore dell’indice già rilevato è del 16,5 per cento, a dimostrazione che le quattro piattaforme sono positivi promotori di destagionalizzazione.

Figura 1 – Pernottamenti per paese, 2018-2023
Numero di pernottamenti in alloggi per brevi soggiorni offerti tramite piattaforma online (paesi con un numero di pernottamenti maggiore o uguale a 10 milioni nel 2019)

Fonte: Eurostat

Utile considerare al riguardo anche il confronto internazionale: la Francia guida questa classifica con circa 152,4 milioni di presenze 2023, segue la Spagna con 132,6 milioni, quindi l’Italia ben distanziata a 100,4 milioni. In questo caso, si può ben dire che la correlazione tra il successo delle piattaforme di prenotazione e la minore concentrazione stagionale è evidente.

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Le statistiche del ministero del Turismo

Dal 2022 il ministero del Turismo ha iniziato ad adottare e a comunicare anche altre scale di riferimento, peraltro ancora in fase di consolidamento, che riportano risultati generalmente positivi. Tra queste si segnalano:

  • le prenotazioni sulle piattaforme digitali (tra cui quelle già citate), che forniscono dati consuntivi e predittivi, ma in qualche modo risultano limitate ai soli turisti che utilizzano tali piattaforme (una quota tutto sommato minoritaria), e quindi pur sempre distorcenti, soprattutto perché non riescono a tenere conto dei consistenti flussi fidelizzati che si rivolgono direttamente alle strutture ricettive. I dati pubblicati al riguardo mostrano una saturazione dell’offerta ricettiva italiana del 19,4 per cento nel mese di marzo, del 13,9 per cento per aprile, e dell’11,2 per cento per maggio 2024;
  • le prenotazioni sui voli aerei da e per l’Italia, che hanno una indubbia capacità predittiva, ma non possono ancora essere lette per motivazione, non consentendo di scindere il traffico “leisure” da quello “business” e da quello “etnico”, così importante per un paese come il nostro che conta una comunità di espatriati di circa 80 milioni di persone (fonte: ministero degli Affari esteri), e un contingente di immigrati intorno a 5-6 milioni (fonti: ministero del Lavoro e Ismu). Le prenotazioni nel mese di marzo 2024 evidenziano una crescita del +3 per cento sul 2023, grazie al contributo della componente sia domestica (+2 per cento), sia internazionale (+3 per cento). Roma è la principale città aeroportuale di atterraggio, con una concentrazione di oltre un terzo dei flussi aerei (35 per cento), mentre un ulteriore 35 per cento si divide tra Milano e Venezia.

**La ricerca e l’elaborazione dei dati presenti nel testo sono state supportate da Roberto Mazzà, direttore Tecnico di SL&A, esperto in analisi economica a supporto della pianificazione di marketing, con particolare riguardo al settore turistico, anche mediante indagini sulla domanda e sull’offerta, desk e field, e lo sviluppo di Osservatori.

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  1. Riccardo Dalla Torre

    Non c’è dubbio sulla necessità di lavorare sulla destagionalizzazione del turismo. Tuttavia, considerare la quota di presenze in agosto come indicatore di stagionalità credo possa essere eccessivamente semplicistico e per certi versi fuorviante. Infatti, se consideriamo il trimestre estivo per eccellenza (giugno-agosto) ci accorgiamo di trend per certi aspetti anche molto diversi. Infatti, in Italia, la quota percentuale delle presenze tra giugno e agosto è scesa di 2 punti tra 2019 e 2023, mentre in Francia e Spagna è diminuita di 1 solo punto ed in Grecia è rimasta costante.

    • bob

      la destagionalizzazione del turismo ha bisogno di progetti e programmazione lungimirante che negli ultimi 50 anni manca assolutamente a questo Paese. Ormai Paese che avanza a spot e rattoppi.
      Le strade di comunicazione, lo squilibro demografico del Paese sono fattori primari per innescare un interesse a fare in modo che in Italia i turisti vengono 12 mesi l’anno. Spesso nelle parti più dimenticate del Paese incontri turisti stranieri che conoscono località sconosciute meglio di noi Italiani: Turisti soprattutto del Nord Europa ma anche del Est e del Medio Oriente – USA. Ma la scellerata politica di abbandonare le tratte ferroviarie interne , la mancanza di sussidi tipo l’ Alto Adige alle popolazioni montane ha creato deserto è un squilibro demografico immane. Per fare un esempio su tanti nel Lazio su 5 milioni di abitanti 4,5 sono a Roma. Chi gestisce attività interne? Come può spostarsi il turista?
      E’ sottinteso che questo è uno dei problemi che rende a mio avviso problematica le ” diluizione” della stagione turistica per buona parte dell’anno . Ma oggi siamo nelle amni di “economisti” che parlano solo di ” il conto economico non torna” semplicisticamente indicando che 2+2 non è uguale a 4 fine del discorso. In pratica l’economia del “salumiere” che ben altra cosa da un programmazione politica ed economica che un Paese dovrebbe avere per il futuro del Paese stessso.

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